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IN SACRIS
Ieri a sera il campanaro mi assicurò di aver trovato il covo della faina nel bosco, ed eccomi qui nascosto nella macchia coll’occorrente per scrivere sulle ginocchia e la doppietta accanto, in atto di sorvegliare attentamente il nemico. Vorrei dire che lo sorveglio colla penna e colla spada, ma la doppietta non è una spada cavalleresca; ahimè, costa trenta lire, se domani dovessi fare alle schioppettate, non ci farei buona figura!
La faina non esce dal covo che a sera per la notturna caccia de’ polli, e il sole sta per cadere dietro Monte Donato. L’ora è propizia. Tra le frasche dei quercioli veggo la pianura che sfuma sino all’orizzonte, violacea, azzurrognola, e le torri e le case di Bologna tinte di quel color di rosa de’ tramonti che non bisognerebbe rimproverare al Carducci, il quale non ne ha colpa, ma alla natura che lo fa a questo modo. Alla mia destra si profilano nel cielo