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Monte Coronaro 79

lo spiedo. Bisognava attraversare la cucina, e fu proprio vicino agli alari ed all’arrosto che il vescovo chiese al piovano come diavolo facesse a passarsela lassù nei lunghi mesi d’inverno. — Monsignore — rispose il piovano — mi ingegno. Faccio dei girarrosti.

Il vescovo guardò al bimbo ma finse di non capire.

Ma il piovano di Monte Coronaro non ci parve capace di fare uno sdrucio così largo nei sacri canoni. Ci mostrò la chiesa, vasta cameraccia cadente che per fienile sarebbe brutta. La pietra di un altare è fatta con una vecchia iscrizione cristiana e qui si conservava una croce proveniente dalla scomparsa Abazia di Trivio. Ma ci colpì più di tutto il confessionale, che consiste in un solo asse mal digrossato, interposto fra il penitente e il prete. Qui dunque la confessione è pubblica, vista da tutti per colpa del confessionale, e sentita da tutti per l’udito tardo del piovano.

O come fa a confessarsi l’ostessa?

Ma no, è proprio sacrilegio scherzare su questo povero prete. Quando nell’inverno imperversano certi venti da scornare i bovi e certe burrasche da portar via il monte, quando la neve è per aria e per terra, e i poggi franano e ad ogni passo si rischia di cascare nell’altro mondo, il povero piovano si alza di notte male avvolto nel suo gabbanello e ruzzola giù pei borri a portare l’olio santo a qualche villanzone che non ci crede. Intanto i canonici, che hanno cenato bene, dormono caldi nei loro letti cittadini a