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DELLE BIBLIOTECHE

Carissimo signor Ferdinando Martini1

Poichè Ella mi tirava in ballo citando la mia frase, in Italia non possono studiare che i ricchi, e poichè siamo in carnevale, mi lasci ballare.

Ella sa bene come diavolo vadano le biblioteche italiane e lo sanno tutti gli altri infelici che hanno la disgrazia di studiare. Ma il pubblico che paga e il Parlamento che fa pagare non sembra che lo sappiano. Le nostre biblioteche, meno una o due onorevoli eccezioni, vanno avanti così alla carlona, per forza d’inerzia e nient’altro. Lasciamo che hanno per lo più certe doti (i bibliotecari chiamano così gli assegni annui), certe doti colle quali oggi un povero babbo non troverebbe un cane che gli

  1. Il Martini, diventato Ministro, si mise di buona e forte voglia a riformare ed a curare le Biblioteche. Il regolamento che vige ancora da parecchie decine d’anni è suo. Alcune, quindi, di queste osservazioni, sono un po’ invecchiate, ma nell’insieme, sono fresche anche ora.