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462 | Brani di vita |
Rienzo è un monomaniaco. Io non lo nego e non lo affermo: solo torno a chiedere le prove scientifiche di questo fatto. La lipemania del Tasso si può provare, come ha fatto il Corradi, coll’esame dell’epistolario. Ma di Cola non ci rimane un pezzo autentico e sicuro di carta scritta, nessuno gli ha misurato il cranio, la temperatura o le pulsazioni. Restano delle cronache di ignoti, sulle quali gli eruditi disputano ancora. Sono da cercare in quelle cronache fatti concludenti, certi, per provare scientificamente la monomania di Cola? Non mi pareva; e perciò osavo accusare la psichiatria di correre un po’ troppo.
Non creda l’egregio professore che io rimpianga gli ideali distrutti. Le pare! Ammetto anzi che un tragico o un romanziere ci dipingano Cola come matto: solo non credo che la scienza abbia la stessa libertà quidlibet audendi concessa ai vati. Io ho ricordato come il cavaliere senza macchia, Baiardo, avesse dei bastardi e ne aveva il santificabile Colombo: ho strepitato contro gli ideali retorici nella nota questione di Maramaldo. Si figuri se m’importa dell’equilibrio mentale di Cola di Rienzo! Ma quando chiedevo le prove allo scienziato non mi pareva di eccedere, come i carabinieri che chiedevano le carte al professor Pallaveri.
Ella mi dice che il genio è in gran parte affetto di iperemia cerebrale che, essendo comune anche ai pazzi, fa che spesso ambedue abbian comuni, non solo le parvenze, ma spesso l’indole tutta. Parole sue. (Badi che in questo periodo ella ripete due volte