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Matti e mattoidi | 453 |
la deduzione della legge, quante mai non sono le cause d’errore? E quante mai non debbono essere le ripetizioni dell’osservazione prima di esser certi che la sintesi non sia errata? Non basta, perchè un matto, o venti, o cento matti, hanno un dato tic nervoso, dedurre che tutti quelli che hanno lo stesso tic sono tutti matti. Perchè il Coccapieller ripeteva tre o quattro volte una parola in una frase, non mi par giusto il concludere che la figura retorica della ripetizione sia un indizio di pazzia. Dante dice pure:
Per me si va nella città dolente, |
Virgilio ha pure i suoi quattro Sic vos non vobis. Tutti gli scrittori usano di quella figura che è efficacissima e nel parlare comune, dai letterati ai ciabattini, tutti ne fanno uso grande. O che son tutti matti? Capisco che i psichiatri risponderanno di sì, e sia benedetta la psichiatria!
Un altro carattere delle scritture pazzesche sarebbe quello di scrivere le parole ora maiuscole, ora minuscole, ora corsive o sottolineate, ecc. Noto che gli avvocati nelle loro memorie fanno appunto così, volendo richiamare l’attenzione de’ giudici sopra un testo, una frase, un brano di documento che importa assai alla loro argomentazione. Ci sono certe memorie in cui tutti i più diversi caratteri tipografici sono rappresentati. O che gli avvocati son matti? Io per me credo che i matti siano i clienti.