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34 | Brani di vita |
gnava proprio che avesse altro per la testa; e, piano piano, ritornai a chiudermi nello studio.
Il fuoco era acceso e la poltrona mi tendeva le braccia. Come sono lunghe le ore dell’aspettazione!
Di fuori nevicava e i fiocchi di neve gelati dalla notte e cacciati dal vento, battevano sui vetri, fitti fitti, con un fremito sommesso, quasi timido e doloroso. Il vento di quando in quando mandava un lamento, poi si chetava, e il silenzio non era rotto che dal rumore soffice e velato delle poche e lontane carrozze sulla neve e dal passo cadenzato e lento delle guardie che passavano sul marciapiede allontanandosi a poco a poco. Il silenzio della notte è sempre solenne e misterioso, ma quando si hanno i nervi tesi dalle veglie e dal caffè, quel silenzio diventa come vivo e pare che qualcuno o qualche cosa vegli in una aspettazione muta e paurosa nelle tenebre profonde. Si attende non si sa che, quasi come il silenzio dovesse essere squarciato dalla rivelazione improvvisa ed imminente di un mistero. Si aspetta, si tende l’orecchio inconsciamente come per interrogare il grande enigma delle tenebre silenti, finchè la tensione si rallenta e l’incubo dell’aspettazione si risolve nei vaneggiamenti del sogno.
Che libro leggessi non lo so e non lo sapevo neppur quella sera. Ma ricordo bene che presto mi cadde di mano e cominciai a fantasticare così tra la veglia e il sonno. Mi ritornavano in mente i bei giorni trascorsi in villa colla mia povera bimba e sentivo ancora le sue parole come se l’avessi lasciata poco prima. La rivedevo bionda, rosea, sorridente