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416 | Brani di vita |
e non era che stupore di quel che vedevo e sapevo. Si credette a qualche antipatia personale, o che so io. Tornò fuori dall’ospizio dei vecchi, la decrepita moglie di Cesare, alla quale si potrebbe pur dire che se non voleva essere sospettata, non doveva darsi alla malavita. Insomma fu un coro non precisamente trionfale.
Un egregio magistrato che onora veramente la sua classe, mi riprese osservandomi che non mancano i giudici incorrotti e saggi in Italia, incapaci di tradire il loro sacro dovere anche nelle maggiori strettezze della vita. Argomento ingiusto e guai al mio illustre contradditore se egli lo usasse nella motivazione di una sentenza! Io non dissi tutti. Notai che c’erano dei brutti segni e che, prima di aprir la borsa, era il caso anche di aprir gli occhi, ma non meritavo una condanna per una generalizzazione che non feci.
Avrei potuto rispondere, ma preferii tacere sotto il peso della disapprovazione. Per difendermi avrei dovuto provare, cioè denunciare, che non è mestiere per me; e in fondo, avrei avuto piacere di aver errato.
Invece, purtroppo, i fatti mi hanno dato ragione più presto di quello che credevo! La moglie di Cesare è stata trovata nel peggior lupanare della Suburra. Credono ora i miei contradditori d’allora, che si mostravano così scandalizzati del mio pessimismo, credono ora che anche in Italia ci possono essere dei giudici corrotti od imbecilli? Terrebbero un servo briacone? Un cameriere che non ha più