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412 | Brani di vita |
sidente sonnecchiava e i giudici buttati sulle poltrone guardavano al soffitto, mentre il cancelliere, con la voce stanca e monotona leggeva un monte di cartacce.
L’amico si chinò al mio orecchio e disse: “Vedi, la religione, la giustizia, la libertà sono belle e sante astrazioni, ma chi deve renderle verità nella vita, sono gli uomini. Ora, guarda il presidente e i giudici. Essi sono gli arbitri dell’avere, della libertà, della riputazione di un uomo, che domani potrei essere anch’io. Ebbene, ti do la mia parola che se uno di quei signori domani chiedesse di entrare al mio servizio, direi subito di no”.
Le parole mi parvero amare, ma oggi stesso, qui, in un pubblico caffè, ho sentito due contadini che contendevano vivacemente, ed uno, a modo di ingiuria, ha gridato all’altro: “Sei ignorante come un giudice!” Avevo già sentito a dire: — “ubriaco come la giustizia!” — ma non credevo che la disistima per la magistratura fosse giunta al segno di farsi ingiuria nella bocca dei contadini!
Certo, c’è esagerazione, ma il sintomo è grave.
La giustizia è come la religione, che non ha ragione d’essere se non nella fede. E di questo discredito della magistratura non solo si impaurano i cittadini, ma gli stessi uomini che sono chiamati a disciplinarla e difenderla. Un concorso a pochi posti, con temi facilissimi, ha chiamato forse mille concorrenti e il risultato fu un disastro. Ciò radica sempre più nel concetto delle masse che la magistratura non sia che il rifugio dei legulei che non trovano