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402 Brani di vita

gnore volga fraudolentemente ad utile proprio quel che i fedeli sborsano per altri determinati fini. Se lo dicessi senza provarlo, allora sì mi riterrei passibile di pena. Ma non l’ho detto e senza prove non lo direi. In che dunque ho ingiuriato o diffamato Monsignore? E non questua Egli e non fa questuare, secondo me, con troppo assidua avidità? Non vive Egli della lana del suo gregge?

Senta; io e Lei, Onorando Signore, serviamo onestamente lo Stato e l’opera nostra è rimunerata colla lana dei contribuenti. Ma se alcuno lo dicesse o lo stampasse, ci quereleremmo noi ai Tribunali.... senza accordare le prove?

E siamo, se Dio vuole, all’ultimo verso, il più amaro ma il meno brutto di tutti gli altri. Dice:

     Questo mio gregge mansueto e grasso
     Di pecore, di becchi e di castrati.


In queste ultime parole suppongo che Monsignore voglia ravvisare una ingiuria al gregge che degnamente governa; anzi suppongo che, valendosi della legge, come capo gerarchico di un corpo non costituito in collegio, mi quereli per ciò. Ma io in via pregiudiziale gli nego assolutamente il diritto di farlo.

Se io avessi accusato il suo gregge faentino d’essere un branco di miscredenti, di atei, di eretici relapsi, avrebbe forse ragione. Il suo ministero tutto spirituale si estenderà sino a difendere i fedeli dalle