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Per un sonetto | 395 |
E finalmente, in questa supposizione, dove si trova l’ingiuria, la diffamazione, l’animo malvagio che strazia l’onore altrui e lo mette alla berlina del pubblico disprezzo? Ah, no! Anch’io sono pubblico ufficiale e di qui, dalla quiete del mio ufficio, ho sentito passare sotto alle finestre dimostrazioni fragorose e anche pericolose: ma nella tranquillità della mia coscienza, nella serenità dell’animo mio, non me ne sono mai commosso e se qualcuno, se anche Monsignore, mi dicesse per le stampe che ne ho riso, creda che io non incomoderei il suo collega di qui con le querele; solo per questo, che non mi sentirei offeso nè nell’onore, nè nella reputazione.
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Ed ora finalmente all’ultima terzina. In cauda venenum, a quanto pare.
Comincia
"Io toso intanto e fo tosar dai frati |
Spero che nel secondo verso non ci sia da dire. Se il gregge è mansueto e grasso, ciò non disonora, ma onora il Pastore. Ma c’è il primo verso, scrivendo il quale avevo in mente quei celebri del Giusti nell’“Incoronazione”
Noi toseremo di seconda mano, |