Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
396 | Brani di vita |
offende Monsignore affermando e quasi augurando che godrà della dignità cardinalizia prima del suo vicino e collega di Forlì? E lo si offende ponendogli in bocca, in vero con frase troppo famigliare e volgare, ma non offensiva, un disprezzo delle vane pompe e delle non cercate dignità che, voglio supporre, sia nell’animo di Monsignore? “Ne vocemini Magistri, quia Magister vester unus est: Christus”. Ma questo, ahimè! si legge nel Vangelo.
Nell’esemplare del “Lamone” che mi fu mostrato dal Signor Pretore, le due terzine erano sottosegnate con freghi di penna, il che mi fa credere che il nido delle vipere, il tossico, l’abominio fosse in quelle. Vediamolo pure, ma innanzi tutto ricordiamoci ancora che qui “Parla il Pastore” non monsignor Giovacchino Cantagalli. Quest’ultimo non rideva certo durante gli ultimi moti di Faenza quando, barricato nell’Episcopio invocava il soccorso del braccio secolare e, mi dicono, implorava dai Ministri del Re sacrilegamente governanti da Roma il sussidio delle armi contro le ciane che gli scompisciavano lo stemma. Ma chi lo potrebbe notare di biasimo se all’età sua, sotto quelle vesti, dopo una educazione di chiostro, potè avere qualche accesso di timidità? Altri e constituiti in maggior dignità che non la sua e più giovani e più arditi, soffrivano in quei giorni la tremarella. Si sarebbe potuto pretendere, da lui povero vecchio, che in uno slancio di carità coraggiosa fosse disceso con la croce in pugno a gridar pace in nome di Cristo fra