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Per un sonetto 387

fila di pali e di doganieri al confine: ho sentito la miseria dei concetti puramente politici quando non vadano accompagnati da larghi intenti sociali. Questi ed altri pensieri hanno modificato col tempo, collo studio e colla esperienza la mia maniera di sentire intorno alla pubblica cosa; ma il fondo, il substrato delle aspirazioni, degli entusiasmi giovanili, rimane ancora. L’uomo può ben spogliarsi della veste, ma non della pelle senza morire ed è perciò ch’io non veggo in questa faccenda il miserabil piato di un vecchio prete contro un povero sonetto, ma qualche cosa di più alto e di più grave. E vorrei che tutti i cittadini ai quali non garba il ritorno ad un tenebroso e crudele passato, cessassero dal guardare con superba indifferenza questi conati delittuosi di strangolare la libertà sotto pretesto di giustizia. Si tratta di ben altro che di quattordici versacci: si tratta di vedere se questo debba esser Regno d’Italia o della Compagnia di Gesù.

E tutto questo, Onorando Signore, ho voluto dirle perchè Ella vegga ben chiaro l’animo che mi mosse, le convinzioni da cui trassi l’impulso a commettere l’atto di che sono chiamato a rispondere, se mi lascieranno rispondere. Nè posso creder rei questi sentimenti, nè li crederei tali anche se dovessi riportarne una condanna. Se a Monsignore sta a cuore, e tanto, di farmi pagare una grossa multa, a me la multa non importa affatto o ben poco. Non amo il denaro, io; ma quel che più m’importa e più mi duole è il sapere che il denaro mio servirebbe alla