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Per un sonetto 385

strappare, perchè non posso credere Monsignore capace di menzogna. Il suo giuramento lo lega e non potrebbe spergiurare. Subisce, ma non riconosce, e delle altre leggi si vale per difendere l’opera sua, intesa a distruggere lo Stato e le instituzioni che il Papato riprova, perchè così ha giurato al Papa. Gli aderisce in tutto, lo segue in tutto usque ad effusionem sanguinis, nelle querele, nelle proteste, nelle scomuniche. Ella, Onorando Signore, non è per Lui che quel che era Pilato pei Farisei, l’autorità subita, ma non riconosciuta se non quando si trattava di condannare e crocifiggere Cristo. Il Re, in cui nome Ella rende giustizia, è colui che detiene, l’usurpatore e il maledetto.

E questa opera di reazione e di distruzione non si fa più sottovoce, dietro una graticola di confessionale, al buio come il tarlo che rode il legno; ma alla luce del sole, sugli occhi dei destinati alla proscrizione e coi clamori e il fracasso degli operai che demoliscono pubblicamente un edificio. Ed osano ed assalgono e comandano. Così Monsignore ha comandato con sanzione di pena, che nessun cattolico legga il “Lamone” additandolo per tal modo all’animavversione e al disprezzo di una Diocesi intera; ma solo che il giornale gli affibbi un soprannome, si ricorda della dignità, dell’onore, della riputazione e, valendosi della legge che disarma noi e lascia armato lui, sale in carrozza e va a sporgere querela.... negando la facoltà di provare. Tutta l’arte è qui; giovarsi della libertà per ammazzarla e non dubiti, Onorando Signor Giudice, l’ammazzeranno