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Per un sonetto | 383 |
timento, appunto perchè credo che mi stimassero, e fossero certe del mio fermo ed assoluto diniego. Solo mi sentii susurrare all’orecchio i noti versi del Tartufo, in vero non molto ben citati:
Le Ciel défend, de vrai, certains contentements, |
Il mio contegno però non deve aver lasciato alcun dubbio in loro sulla possibilità nemmeno lontana ch’io possa mai aderire alla comoda dottrina dell’immortale tipo dell’impostura.
Seppi poi, o credo di sapere, di dove venivano queste mosse, cioè dal vivo desiderio di un mio antico e cordiale amico che, pur militando in campo diverso dal mio, voleva nell’animo suo buono, risparmiarmi noie e dispiaceri. Non so se Egli si riconoscerà sotto il velo di queste parole, ma può esser certo che io gli sono grato dell’amichevole e tutto spontaneo sentimento che lo moveva a mia insaputa. Il fatto è però che Monsignore, per valide ragioni giuridiche, non poteva rinunciare alla querela contro di me, perchè sarebbe caduta anche contro tutti gli altri e che dall’altra parte io non mi prestava ad alcun atto, detto o scritto, che potesse interpretarsi ravvedimento. Bastava forse un biglietto di visita e negai anche quello.
Ma questo importa poco alla causa, benchè importi molto a me che, condannato o assolto, non voglio non posso recedere nemmeno di un punto da quel che credo giusto, nella lotta contro ciò che credo ingiusto ed anzi pericoloso ed irreligioso; nella