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384 Brani di vita


Eppure, no; debbo tacere. Potrei da quello sterquilinio levarmi puro, come Giobbe dal suo, perchè io solo, o pochi con me, sanno quale opera di fraterna ed amichevole carità sia nascosta là sotto. Io solo so quel che costa il sentirsi accusare pubblicamente di immonda speculazione, di avara sete di guadagni e dover poi tacere sotto l’insulto e l’ingiuria sentendo che il rivelare un beneficio fatto sarebbe stata cosa più indegna e più turpe delle rime buttate giù per beneficare. E non ho dato querele, no; ma questo posso dire e provare, se Monsignore concedesse le prove, che io da quel libro non ho ricavato nemmeno una frazione di centesimo; che tutto, almeno per quel che mi riguarda, assolutamente tutto, il guadagno che ci possa esser stato, andò a sollievo di una sventura. Dormi, dormi in pace povero amico avvolto nel lenzuolo che ti ho tessuto io colla mia riputazione, poichè nol potei col mio denaro. Ah, come i preti cantavano a distesa dietro al tuo feretro pel sudicio quattrino che veniva pure dalla “Argia Sbolenfi”! Ma la moneta, diceva Vespasiano e dicono loro, non puzza. Dormi in pace, perchè se tu vegliassi ancora, povero amico mio, ti leveresti davanti a costoro e diresti parole d’ira e di fuoco. Dormi, perchè se tu le dicessi, Monsignore ti darebbe querela.... senza la facoltà delle prove.

E di questo, almeno per ora, non parliamo più. Il fatto è che il sonetto fu stampato sul primo esem-