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Per un sonetto 379

i fedeli dell’anno mille, ciecamente ingenui sotto il vincastro del loro Pastore, anche il Pastore non debba poi ricordare un pochino la carità, l’ingenuità, la rigidità de’ suoi predecessori dell’anno mille. Non di tutti, intendiamoci, perchè ce n’eran di quelli che San Pier Damiano bollò come rei di ogni vizio; e nemmeno, aggiungo, di San Pier Damiano stesso, perchè è Santo, non legalmente canonizzato, credo, ma certo per pia tradizione; tuttavia, almeno, di quella media la qual ammette pure che Gesù Cristo ci sia per qualche cosa nella religione cristiana, quel Cristo che diceva, non solo alle turbe, ma anche ai suoi Apostoli “Vae vobis divitibus.... vae vobis qui saturati estis.... beati pacifici.... beati misericordes!”. E Monsignore questo latino lo deve capire.

E così pensavo io, cercando di capire il latino molto meno facile di San Pier Damiano.

Vennero nuove sollecitazioni e in un pomeriggio di buon umore, mi lasciai andare a buttar giù il sonetto incriminato. Come artista, per debole ch’io sia, mi parve debolissimo e però lo spedii firmato col pseudonimo cui tengo meno: “Argia Sbolenfi”.



Ah, eccolo finalmente quest’arca di vituperi, questo sterquilinio fetente, questo abominio di sozzura e d’immoralità, l’Argia Sbolenfi!