Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Per un sonetto | 373 |
tagalli andò Vescovo (se non erro) di Cagli e Pergola, nè Lui, nè la famiglia sua, erano censiti, mentre ora risultano possessori ed in qualche agiatezza, fin da prima che i membri della famiglia ritraessero guadagni dalla professione: ma è vero altresì che Monsignore ha fatto qualche eredità e che i redditi della Mensa Vescovile sono pur suoi1. Non si tratta perciò della persona privata, ma del Pubblico Ufficiale, che non lascia intentata alcuna questua e chiede e chiede sempre ed assiduamente, non per sè, come amo di credere, ma un poco pei bisogni della Chiesa e molto, io sospetto, pei bisogni del proselitismo clericale. Il che può parere men che bello a me o a chi pensi come me, ma non lede in nessun modo l’onorabilità del questuante.
E nemmeno sarebbe lesivo alla riputazione di Monsignore il ricordargli che, non da breve tempo, Egli è debitore verso una onorevole Ditta di qui, della miseria di sei lire e centesimi, e che, sollecitato e pregato, non pagò mai. Sarà dimenticanza prodotta dalle occupazioni che Gli procura il riscuotere, ma se Glielo ricordassi, in che l’offenderei? A questa stregua anche le sollecitazioni del creditore sarebbero offesa al debitore moroso! Ma, tornando al discorso di prima, le informazioni che ricevetti rispondono a quel che in buona fede io ritengo
- ↑ Pubblicai alcune cifre in proposito che si dissero errate. Lo ammetto, ma migliaio più, migliaio meno, la sostanza del fatto resta, cioè la locupletazione del Pastore, in quella misura che sia, dove i Predecessori si erano impoveriti: quindi minor spirito di evangelico disinteresse in Lui che negli altri. Il che volevo provare.