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376 | Brani di vita |
Chi, a torto o a ragione, lo aveva così danneggiato nella reputazione e nell’interesse. Ma di Monsignore, salvo la sua condotta di propagandista e di fomentatore di tutte quelle associazioni, circoli e devozioni piccine con cui ora i clericali combattono la guerra del loro partito, non conoscevo nulla. E me ne informai.
Tra i vari gravami che gli si facevano, anche da preti, due mi parvero provati. Il primo di eccessiva prudenza negli ultimi torbidi della sua diocesi: il secondo di eccessiva attività nel raccogliere pecunia.
Badi, Onorando Signore, io non credo che la enunciazione di questi due fatti possa ledere la reputazione e l’onore di chicchessia e nemmeno di Monsignore. Non a tutti è dato esercitare la virtù in grado eroico e nessun vescovo è tenuto ad imitare la condotta di Monsignor d’Affre, ucciso sulle barricate di Parigi mentre portava la parola di pace. Altri pastori d’anime, constituiti in ben più alta dignità di Monsignore, stimarono che il tempo dei tumulti fosse propizio alla visita pastorale extra muros, e il disapprovare questa condotta anche in modi vivacissimi, non generò mai alcun processo per ingiuria o diffamazione. E quanto alla avidità di pecunia, badi bene che io non ho mai detto e non dico che Monsignore tenga per sè, per utile suo privato, il denaro raccolto. È bensì vero che dai registri censuari risulterebbe che Monsignor Folicaldi, clericale fanatico, diminuì il patrimonio suo reggendo la diocesi di Faenza: che Mons. Pianori, predecessore immediato del querelante e fiero clericale anche lui, morì in istato di povertà: che quando Mons. Can-