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Le Staffette | 335 |
ciclismo anche il Papa, tanto spirava da loro la salute fiorente, il sano buon umore, la lieta cortesia che viene dalla coscienza della forza. Mangiarono un boccone, e aspettammo.
S’era fatta folla, le finestre erano piene di signore. Il mio collega Lanino si occupava dell’ordine, io doveva pensare alla consegna. Tutti guardavamo intenti su per la strada che, pendendo leggermente verso il paese, lascia vedere di lontano chi arriva. Si aspettava con ansietà.
Ad un tratto tutti gridiamo: “eccoli! eccoli!” Apparivano in alto le maglie bianche. Il collega gridava: “largo!” ed io urlava ai pistoiesi: “signori, in sella!” Montarono e presero lentamente l’andare per lasciarsi raggiungere dagli arrivanti.
Venivano giù come fulmini e nella polvere non si vedeva che il luccicare delle biciclette. Poi si distinsero e vidi mio figlio alzare in alto un astuccio di metallo, gridando la parola d’ordine: “Veloce Club Verona!” — I pistoiesi risposero: “Roma Capitale!” — afferrarono a volo l’astuccio e via come il vento, mentre io urlavo: “Undici e trenta. Buon viaggio!” — Fu un lampo; tutti applaudivano; le signore agitavano i fazzoletti acclamando: “Bravi ragazzi! Bravi ragazzi!” Non si sentiva altro. Gli undici chilometri erano stati coperti in 20 minuti, in salita!
Perchè scrivere dei versi? Questa è poesia bella, sana, santa, e io protesto che non cambierei quei pochi minuti di entusiasmo, quei pochi secondi così vivacemente vissuti, con una corona d’alloro, coll’im-