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In memoria di Emilio Zola | 317 |
di una eredità, ottenni il permesso di frugare negli archivi e mi piace di ricordare che dappertutto fui accolto ed aiutato colla miglior cortesia. Così gli enormi mazzi di carte del 1832, scossi dal lungo sonno e dalla antica polvere, mi passarono sotto gli occhi e li sfogliai ad uno ad uno con ansia febbrile. Ma pareva che una maligna fata mi schernisse e quando credevo di aver afferrato il filo, ecco il filo mi si rompeva in mano. Trovai i ruoli delle paghe e c’era il Combes, ma i ruoli erano in copia e non in originale. La corrispondenza col municipio era tenuta dal generale, le domande pel casermaggio dagli ufficiali d’Intendenza e il colonnello che, si vede, si restringeva al governo del suo reggimento, non appariva mai. Che lunghe ore passai nell’Archivio municipale e nelle soffitte del palazzo di Giustizia sempre sperando di trovare quella firma cercata! Mi dicevo sempre: sarà più qua: e le carte mi sfilavano ad una ad una sotto gli occhi, ingiallite come cose morte, e sempre nulla!
Pur troppo le assidue ricerche furono vane e del Combes non trovai un segno. Dovetti andarmene colla dolorosa certezza di aver fatto opera inutile. Ed io che avevo già pronto il fotografo per riprodurre il documento!
Telegrafai l’insuccesso a Parigi e ripartii sconfortato, quando, alcuni giorni dopo, ricevetti una buona lettera da Emilio Zola, lettera che tengo carissima, ma che non riproduco perchè ai ringraziamenti, forse meritati, sono aggiunti alcuni elogi, certo immeritati, che, ai lettori i quali li vedessero a