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316 | Brani di vita |
lettera di un colonnello Combes che accusava il padre del romanziere e lo accusava di peculato. Calunnia iniqua ed ingenerosa perchè, se anche l’accusa avesse risposto alla verità, di che era colpevole il figlio?
Ma il figlio non si quetò e volle vedere in faccia l’accusa. Ottenne a gran fatica di poter guardare le carte accusatrici, ma il disordine loro, le tracce di recenti manomissioni accrebbero in lui il dubbio. Il colonnello Henry, che aveva falsificato i documenti del processo Dreyfus, s’era fatta giustizia segandosi la gola col rasoio. Il falso era dunque probabile: ma come provarlo senza termini di confronto? E il confronto con altre scritture del Combes era negato dagli archivi militari. Bisognava cercar altrove.
Nel gennaio del 1900 una persona che mi onoro di conoscere, mi scrisse: il Combes era colonnello nel corpo di spedizione francese che occupò Ancona nel 1832. Forse in quegli Archivi potrebbe trovarsi il documento di confronto; ma la ricerca deve essere prudente. Non si sa mai!
Non volli confidare ad altri il piccolo segreto e partii in una notte fredda e fangosa, ben contento di render servigio a chi me lo chiedeva ed al Zola.
Ancona, così lieta di sole nei bei giorni di estate, in quella notte era veramente orribile. Il vento gelato aveva raffiche di neve e il mare mugolava lontano. Il presagio era triste e dormii male.
Al mattino, appena aperti gli uffici pubblici, imbastita una povera favola di ricerche a proposito