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TEMPO DI VENDEMMIA
Dolce cosa sarebbe il ricordare se non supponesse un passato e quanto più il passato si fa lontano, altrettanto purtroppo al dolce si mescono larghe stille di amaro. Tuttavia diceva bene quel personaggio del Dickens: “mio Dio, conservatemi la memoria!” E lasciatemi ricordare.
Ero un bambino e mi mandavano a portare la colazione all’uccellatore appiattato nel casotto del paretaio. Ci si andava sotto un lunghissimo pergolato e l’uva era matura, la bella albana gialla come l’oro; ma più mi attirava un certo melo che produceva frutti piccoli, acidi e selvatici che mangiavo con tanto piacere, perchè me l’avevano proibito; e la valle era piena del canto delle vendemmiatrici, un canto che ho ancora negli orecchi.
Tornando, m’indugiavo pei campi, lungo i filari delle viti, dove già qualche foglia, rossa come il sangue, pareva una ferita aperta, una piaga di ma-