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Come baciai il piede a Pio IX 305

timore di peggio, pensarono bene di mettere la cosa in tacere.

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La sera ci condussero alla illuminazione.

Dove il canale Candiano piega a destra, era eretto un enorme impalcato carico di bicchierini variopinti ed accesi, le cui linee volevano rappresentare la ricostruzione del sepolcro di Teodorico. Noi avevamo un palco sulle mura e il palco del Papa, in faccia all’edifizio di legno e di cartone, era dove ora una chiesa ha sostituito un caffè.

Qualche banda suonava in lontananza e la folla era enorme.

Giunse il Sovrano, salì nel suo palco d’onore colla Corte e guardò la baracca luminosa come trasognato. Al suo apparire si udì un lungo bisbiglio, ma non una voce salutante, non un applauso. Alla nostra sinistra i seminaristi cominciarono a batter le mani, ma la folla zittì e il tentativo si spense nel silenzio glaciale.

Noi, per quanto incitati dai superiori, tacemmo; un poco per la irritazione della ripulsa ricevuta, un poco perchè suggestionati, dominati, dalla gigantesca unanimità del silenzio. Non sapevamo allora di tradurre in atto il celebre detto: il silenzio dei popoli è la lezione dei Re.

Il Pontefice irritato non attese la fine dello spettacolo e il giorno dopo partì da Ravenna. Noi ritornammo ai latinucci ed alle pratiche religiose che riempivano le nostre noiose giornate e non se ne parlò più.