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Il Natale nella Lirica 283

dov’è la fede? Dov’è l’affetto? Non si trovano che concetti sgangherati. Cominciamo dal cav. Marino:

Uomo e Dio grande in cielo, in terra umile
     Tra i disprezzi Gesù scopre gli onori;
     Ecco ch’oggi adorato è da pastori
     Pur nato appena in rustico fenile.

E se ben giace in rozza paglia o vile,
     Per messi e trombe ha gli angeli canori;
     E mentre sfoga in pianto i suoi dolori
     Tributaria a sè trae schiera gentile.

Balsamo al suo languir salgono i fiumi,
     E la sua nudità povera e bella
     Veste di rose a mezzo verno i dumi.

O del divin consiglio opra novella,
     Che fra glorie e miserie e nebbie e lumi
     Sempre suole alla stalla unir la stella!


Pompierata infame! Ma c’è di peggio. Lo Stigliani, l’avversario del Marini, unisce alla sciocchezza dell’antitesi la sconvenienza del pensiero:

Oggi è il dì che la Vergine fu madre
     Del suo medesmo padre
     E che dal sen di lei lo stesso Dio
     A chiusa porta uscìo.
     Oh maraviglia immensa,
     Intesa (se dir lece)
     Solo da chi la fece!
     Partorisce la donna
     E non ne perde il virginal onore,
     Fa l’arbor frutto e non ne perde il fiore.


Si può dir di peggio come pensiero e come forma? Eppure il cavalier Frà Tommaso Stigliani credeva