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270 | Brani di vita |
anche nella ipotesi religiosa, rimane che la vita è dolore e che tutto il resto è vanità ed illusione.
Così, quando dopo mille prove ed esperienze, dopo il saggio di cento sistemi sociali e politici dall’assolutismo più ferreo all’anarchia più sfrenata, l’umanità non avrà acquistato che una capacità maggiore di soffrire, farà pure una volta, con maturità di consiglio, il bilancio dei dolori e delle gioie sue e intenderà che, non l’amore della vita ci persuade a sopportare il male, ma la paura della morte. Allora, chinando mestamente il capo sul seno, i viventi diranno col Savio "Io pregio i morti più che i vivi, anzi stimo più felice degli uni e degli altri colui che fino ad ora non è stato". E la voce del Savio dirà loro: "otterra ove tu vai non vi è nè opera, nè ragione, nè conoscimento, nè sapienza alcuna" e sulla terra sono solo il dolore e l’illusione.
Perchè dunque perpetuare le generazioni dei sofferenti? L’illusione dell’amore può trovar altro rimedio che il suicidio o la mutilazione. I metodi malthusiani cui le nazioni più civili debbono il diminuire delle loro popolazioni, soccorreranno colla perfezione loro. Amate e non generate. La natura c’ingannò e noi l’inganneremo, memori del detto del poeta: "Il maggior delitto dell’uomo è l’esser nato".
Come il sole trascina seco vertiginosamente la terra verso un punto ignoto della costellazione di Ercole, così l’esperienza, credo io, conduce l’umanità al perfezionamento suo ultimo, l’estinzione. Il