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Un’ora di pessimismo 261

sobrietà di chi non può mangiar che polenta, benedicendo il clima beato nel quale chi mastica due peperoni crudi al giorno non muore di fame in un giorno. Ma ecco, la discussione diventa necessaria. Ecco i comizi, i suffragi mostrano che il socialismo fiorisce anche qui dove il clima è dolce e il lavoratore sobrio. Se ne discorre nei giornali, dalle cattedre, nei Parlamenti, e i Governi promettono leggi, le Accademie propongono premi, l’Imperatore di Germania raduna un Congresso, il Papa, fino il Papa! scrive un’enciclica in latino raccomandando l’abbondante elemosina. Dove sono gli schernitori, dove gli apostoli del silenzio? Alcuni ne conosco che vivono nel sospetto e nella desolazione, adorando nel tempio del loro cuore la memoria di chi inventò le Guardie di Pubblica Sicurezza.

Finalmente! Dunque la borghesia che resse trionfando tutto il secolo, udrà le grida, ascolterà le proteste, sentirà compassionevole i lamenti che le salgono dal basso? Affaticata, esaurita oramai, da vani tentativi e ricerche di riposo felice, saltò per cento anni dal giacobinismo all’assolutismo, dal potere personale ai plebisciti, dalle pacifiche finzioni costituzionali alle bellicose teorie delle nazionalità e delle razze. Cercò requie nell’individualismo più crudele, spiegando il mondo colle formole della lotta per l’esistenza; poi vaneggiò nel collettivismo più ingenuo, esagerando le rosee promesse della cooperazione. E sempre cogli occhi al passato, sempre studiosa dei nemici di ieri, fu liberale perchè l’aristocrazia, vinta e spogliata, non lo era; compilò