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254 | Brani di vita |
Eppure erano ambidue infallibili, a meno che non voglia dirsi che non pronunciavano intorno alla fede ed ai costumi; dal che verrebbe che alle affermazioni intorno al poter temporale si possa negar fede e tutti sanno come il Concilio Vaticano stava per farne un dogma.
Un Papa dunque riteneva il dominio temporale come una proprietà libera ed alienabile e ne disponeva obbligando anche i successori: l’altro riteneva invece di aver l’usufrutto soltanto, di godere un fidecommesso e di non poter disporre in modo alcuno della proprietà, che, per obbligo di coscienza, doveva esser trasmessa intatta ai successori. La contraddizione tra questi due infallibili è come quella che passa tra il bianco e il nero, tra il sì ed il no. Chi ha torto?
Gli eventi ed i popoli hanno sciolto per conto loro la quistione in modo che la domanda sembra più che inutile, ridicola. Pure, dopo un secolo dal trattato di Tolentino, la curiosità, diremo, storica, può tentarci a chieder di nuovo: chi fallì dei due infallibili?
Si può cavillare quanto si vuole, sfoderare distinzioni, testi, argomentazioni sottili e ingiurie grosse, ma tra due che sulla stessa questione dicono uno sì ed uno no, sembrerebbe che uno dovesse aver torto.
C’è però un altro caso: quello che avessero torto tutti e due.