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248 | Brani di vita |
nazioni della stessa razza, si sorveglino qui con tanta gelosia, poichè dall’altra parte del monte i forti non sono meno numerosi e le guardie meno fitte.
Un senso mal celato di diffidenza è negli occhi dei soldati al di qua e al di là dal confine e la continuità del sospetto li costringe a vegliare lunghi inverni sotto un sepolcro di neve, nelle casematte dei forti. E quando il vento urla nelle gole scatenando la tormenta, prendono le armi e sfidando la burrasca e forse la morte, escono a perlustrare, si mettono in sentinella e spìano. Che cosa e perchè?
Almeno i myosotis e le genziane che dormono sotto la neve, se non sognano il sole, come canta lo stornello toscano, si desteranno a maggio nella pace e nell’amore. Gli uomini, no.
Il sospetto del confine li condurrà a nuovi pericoli, a nuove faticose scalate di rupi asprissime e le autorità, da presso e da lunge, chiederanno affannosamente ogni giorno col battito del telegrafo, se le sentinelle stanno all’erta e se sorvegliano bene. Che cosa e perchè?
Tutti noi che avevamo spinto fin lassù la bicicletta, ci sentivamo italiani nel cuore e nell’anima e la ruota simbolica del nostro segno recava nel suo mezzo i tre colori; ma tutti ci sentivamo quasi umiliati nella nostra dignità di uomini dalla sottile e pertinace diffidenza che vigila giorno e notte sull’erta del colle, come se il nemico meditasse una sorpresa. Il nemico! E siamo fratelli secondo il cuore e la carne!