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246 | Brani di vita |
le terre, confortato dall’ilarità del prossimo e della guarnigione. Anzi il paragrafo 80 del suo lavoro è appunto inteso a sciogliere l’equazione della caduta, ma non è possibile riferirne i termini, poichè l’autore stesso afferma che la scrittura dei calcoli sarebbe così lunga da oscurare il problema, distraendo l’attenzione con una selva troppo fitta di formule. Vedete di qui quanta scienza ci voglia per cadere lunghi e distesi nella polvere!
Poichè la scienza è una bella cosa! Dopo la toma fatta a rigore di matematica, verrà la medicina a dirvi in quanti giorni guarirete dalle scorticature, salvo complicazioni e, se non siete consolati e contenti, peggio per voi!
Per fortuna nostra, nè la matematica nè la medicina ebbero occasione di consolarci, quando nell’agosto passato, in lieta compagnia, salimmo il Moncenisio. Non si dice che tutti percorressero tutta l’ardua e lunga via, montati in sella. A pochi fu dato; ma tutti però salimmo ammirati della terribilità dell’alpe che s’impone agli occhi ed all’anima colla maestà del gigantesco. Quando dall’altezza vertiginosa si vede giù nella valle verde l’abbazia della Novalesa piccina come un punto ed in faccia il Rocciamelone ronchioso, ferrugigno e colla schiena sterminata ravvolta tra le nubi, si sente la piccolezza dell’uomo e l’enormità della natura. Si prova come un senso di rispetto, si parla basso come in chiesa e si capisce perchè i barbari, nel terrore della incompresa immensità, temessero l’ira degli Dei e li adorassero nella solitudine tremenda dell’alpe.