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240 | Brani di vita |
vengono da curiosità indiscreta, ma dalla necessità in cui si trovano i ministri del Signore di pesar bene tutte le circostanze, per conoscere e giudicare la gravità del peccato.
— Sì, padre; mi accuso di aver . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Angeli e ministri di grazia! La contessa non era severa; no, no: era prudente!
Quando le ebbi data l’assoluzione e i sette salmi penitenziali da dire, scappai, chè mi pareva d’aver le fiamme nelle ossa. Padre Romualdo russava sul mio letto e io cominciai a radermi la barba per presentarmi il domani alla contessa.
Stetti in città un mese, radunando con la contessa i materiali di una futura confessione. Padre Romualdo l’avrà assolta, ma a me è sempre rimasto un mezzo rimorso. Mi pare che il sorprendere così i segreti di una signora non sia troppo delicato.
Raccontarveli, poi!