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Il quarto Sacramento 235

dell’ordine, venuto in incognito. S’informò de’ miei bagagli che dovevano venire al mattino e io l’avvertii di far scaricare con giudizio le casse per non rompere le bottiglie. Mi dette la buona notte e io, dopo aver fumato un sigaro nel giardinetto, mi coricai sul lettuccio monastico che mi concesse un sonno beato.

Al mattino, mi levai di buon umore e, mentre stavo odorando i fiori del giardino e guardando giù l’immensa valle da cui salivano le nebbie mattutine, sentii alcune voci dominate da quella di padre Romualdo che gridava:

— Piano! giudizio con quelle casse di libri!

Le casse di libri furono presto nel mio appartamento e sapete già che erano delle migliori edizioni di Bordeaux, di Brolio, di Barolo, di Capri e di altre regioni propizie all’enologia.

Mi sentivo benissimo. La stranezza della mia posizione, la cucina eccellente, la tranquillità intima, la stessa voluttà che provavo nelle ore calde sedendo sotto l’ombre fitte del bosco con la sola camicia e la leggera tonaca di lana bianchissima, la quale si presta tanto bene alle carezze intime delle brezze montane, tutto insomma contribuiva a far di me un vero frate, insensibile a ogni seccatura del mondo esterno, annichilito nella pace della vita animale. Padre Romualdo mi prodigava le finezze e le attenzioni più delicate e gli altri frati mi rispettavano silenziosamente, facendomi certi profondi inchini cui corrispondevo con un sorriso di degnazione. Un giorno feci un complimento al cuoco il quale, commosso mi baciò la mano.