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232 Brani di vita

ghiotto e sudicio quanto impongono i canoni e la consuetudine; ma non era cattivo e, quando nel 1860 scappai di casa per andare in Sicilia, il pensiero di lasciare il mio pedagogo non mi affliggeva certo, ma nemmeno mi rallegrava.

Dal 1860 al 66, accaddero tante cose che non giova raccontare. Basta che tornai capitano e mi trovai solo. Anche lo zio, l’unico parente che portasse il mio nome, era morto proprio il giorno dopo alla battaglia di Sadowa. Tornai con un permesso di sei mesi per guarire la lussazione che avevo riportata a Custoza, ma in verità la lussazione più grave l’avevo dentro.

Ricorderete tutti i terribili disinganni che ci colpirono allora; i disinganni della guerra e quelli della pace successiva. Ma per noi militari, l’amarezza era più grave. Ci pareva di esser responsabili verso alla nazione dell’accaduto e, a tutti i dolori, si aggiungeva un penoso sentimento quasi di vergogna immeritata, che ci faceva sospettare un accusatore in ogni conoscente che rivedevamo. Io poi, che tornavo con una volgare lussazione già mezzo guarita! Altri almeno poteva mostrare con orgoglio le cicatrici del proprio dovere; io ritornavo a casa ingrassato!

E la mia casa era deserta! La custodiva solo il portinaio che non conoscevo e, passando per quelle ampie sale silenziose, non sentivo altro che il rumore de’ miei passi, di cui si maravigliavano i ritratti dei vecchi di casa, i quali mi seguivano con gli occhi come se fossi un estraneo. Finii presto le faccende che avevo da mettere in regola col notaio