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220 | Brani di vita |
invece le prime note della fanfara reale: la manovra era finita.
Allora mi agghiacciai affatto, proprio come se fosse calato il sipario. Da attore entusiasta diventai frigidissimo spettatore, borghesuccio indifferente, preso tutt’al più da un po’ di curiosità, ma pieno zeppo di belle idee e di magnifiche declamazioni contro la guerra, gli eserciti e tutto il resto. Avrei dato il genio di Napoleone per quello dell’inventore del cavaturaccioli, ed ora che scrivo mi pare proprio che non avessi torto, poichè il cavaturaccioli è una gran bella istituzione. Con questi sublimi pensieri mi tornò la paura della morte e gettai il sigaro, alzandomi dinoccolato per andare a vedere quel ch’era successo, come si va a vedere la foca o la donna grassa.
I bianchi avevano già abbandonata la casa ed i nostri avevano vinto. L’assalto pare che avesse avuto di mira principalmente il pozzo, tanto i soldati ci si affollavano sopra. Un contadino ritto sul parapetto faceva salire e scendere rapidamente la secchia, aspettata da cento braccia levate che la rovesciavano nove volte su dieci, tra le risa e le giaculatorie eterodosse. Una donnaccia sgangherata vendeva una goccia d’acquavite in un bicchier di acqua per un soldo, con gli stessi lazzi e le stesse parolacce con cui mezz’ora prima l’aveva venduta ai bianchi. Già anche i neri erano ormai bianchi tanto erano coperti di polvere. Pareva che avessero aspettato a sudare dopo la vittoria, tanta era l’abbondanza e l’una-