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Finta battaglia 215

posti che potevano esser sulla cresta dei colli. Ecco qui in due parole il campo di battaglia.

La Savena va dal sud al nord incassata tra alte colline, e lungo la Savena corre la via regia da Bologna a Firenze. Miserazzano, in cima ad una collina gessosa sulla destra del fiume, domina la valle e il ponte che sta quasi sotto. Il nemico, presso al ponte o a mezza costa sopra la Pizzigarola, rappresentava la retroguardia di un esercito in ritirata verso Firenze. Noi invece eravamo l’avanguardia di un esercito insecutore e dovevamo tentare di tagliar fuori la retroguardia nemica dal suo supposto esercito. Per questo il nostro maggiore aveva spinto una parte de’ suoi lungo la via maestra fingendo un attacco di fronte, mentre con l’artiglieria e il resto della fanteria correva ad un assalto improvviso sulla destra del nemico. Bisognava adunque arrivare a Miserazzano coperti e presto. Mi spiego bene?

Non si faceva sul serio, lo so. Ma si ha un bell’essere partigiani del disarmo e della pace universale, nemici sfidati degli eserciti stanziali e magari della pena di morte, che tuttavia nella guerra anche finta, c’è sempre qualche cosa che riscalda il cervello. Sarà un istinto brutale, l’istinto della bestia feroce che si ridesta, sarà quel che volete, ma intanto ci sentiamo tutti attirati verso la sciabola (le donne poi!), e quando questa benedetta spada è nuda e scintilla al sole, ci sentiamo caldo dentro e nessuna voglia di ragionare. Capisco benissimo l’in-