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quella strana e vergognosa abdicazione di una parte delle prerogative regie costituzionali e popolari che è la legge delle guarentigie, noi siamo una prova pur troppo evidente della debolezza degli Stati latini come sono costituiti e della miserabile impotenza delle classi dirigenti, papaline ancora nel midollo delle ossa. E la Chiesa, che lo sa, resiste a questa agitazione pel divorzio, certa che tutti i conservatori paurosi saranno con lei. Grida che l’unica salvezza in questo sfacelo del progredire è nel regredire; che bisogna tornare al sacramento e sopprimere il contratto; che bisogna allevare famiglie cristiane, cattoliche romane, e ritornare con loro alla pia quiete del medio evo, se si vuole che príncipi e ricchi possano dormire in pace. E príncipi e ricchi ascoltano volentieri queste parole favorevoli ai loro interessi, senza accorgersi che la Chiesa non è mossa in questo dall’amore dell’umanità, ma dall’ambizione del dominare. I divorzi li vuol vendere lei sotto aspetto di nullità; la morale non c’entra. A questo modo il divorzio è peccato per le popolazioni latine presso le quali troviamo le più belle chiese del mondo, il maggior numero di preti ricchi e di poveri rassegnati, e il peggior stato delle famiglie e la più tollerata immoralità. Chi alza la voce è o scomunicato o ribelle. Le nazioni protestanti ci assestano di quando in quando fior di legnate, ma noi ce ne consoliamo pensando che siamo latini e cattolici, che Dio le punirà, che se siamo più immorali, la confessione ci assolve, e che la rivincita deve venire perchè è predetta nell’Apocalisse. Anche