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Piccolo Comento al Canto V del Purgatorio 193

donando. Ma ripeto, l’ossatura del dramma è la stessa pel padre e pel figlio e, dal tutto insieme, si ha l’impressione di una tal qual simpatia del Poeta per i ghibellini feltreschi. Non già che il ghibellinismo fosse la causa delle sue simpatie. Gli Estensi, ghibellini, gli sono antipatici e li tratta male. Da altre ragioni movevano i giudizi di Dante che non fu nè guelfo nè ghibellino, ed è strano che si sia voluto cercare e ragionar tanto per sapere di che parte fosse, quando lo disse lui, proprio lui, per bocca di Cacciaguida:

                                   a te fia bello
L’averti fatta parte per te stesso.


E consentitemi la gioia di un ricordo. Il ricordo di un sereno meriggio, saettato dal sole, goduto appunto sulla foce dell’Archiano, col Pratomagno severo in faccia, gli alti pioppi dell’Arno, i tremuli salici del torrente, il silenzio appena interrotto dal fruscìo dell’acqua chiara sui sassi e dal canto degli uccelli, mentre una voce, a me cara, ripeteva questi versi immortali. Dolce ora vissuta bene, nella quale i pioppi e i salici e gli uccelli mi dissero che la parola di Dante aveva consacrato la foce deserta alla eternità e che il genio della razza latina era passato di là, ed aveva lasciato il suo segno, con pochi versi più saldi e duraturi che un monumento di bronzo.

Ed eccoci alla Pia, a questa figura velata da un mistero ancora impenetrato, che canta in tono minore quel lamento che nessun’anima pietosa ignora,