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Piccolo Comento al Canto V del Purgatorio 191


Se, come par vero, dopo la battaglia si scatenò un temporale e l’acquazzone di giugno fece correr pieni i torrenti e il fiume, l’ipotesi colla quale il poeta spiega lo smarrimento del cadavere si doveva affacciare ovvia alla sua mente. Ed è anche da notare che dal piano di Campaldino alla foce dell’Archiano intercorrono sei o sette chilometri che Buonconte, scavalcato e ferito nella battaglia, percorse a piedi, sì che ebbe assai tempo da pentirsi e perdonare veggendo scorrere il sangue suo.

E segue:

Io dirò il vero e tu il ridì tra i vivi.
     L’angiol di Dio mi prese e quel d’Inferno
     Gridava: o tu, dal ciel, perchè mi privi
Tu te ne porti di costui l’eterno
     Per una lagrimetta che ’l mi toglie,
     Ma io farò dell’altro altro governo
Ben sai come nell’aere si raccoglie
     Quell’umido vapor che in acqua riede
     Tosto che sale dove il freddo il coglie.
Giunto quel mal voler, che pur mal chiede,
     Con lo intelletto, ei mosse il fumo e il vento
     Per la virtù che sua natura diede.
Indi la valle, come il dì fu spento.
     Da Pratomagno al gran giogo coperse
     Di nebbia e il ciel disopra fece intento,
Sì che il pregno aere in acqua si converse:
     La pioggia cadde ed ai fossati venne
     Di lei ciò che la terra non sofferse.
E come a’ rivi grandi si convenne,
     Vêr lo fiume real tanto veloce
     Si ruinò, che nulla la ritenne.