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l’arte, fino i martelli delle porte. A Torino le case immense, altissime, severe, sembrano tante caserme. Firenze, è vero, prese qualche cosa da Torino, e Torino ha preso molto da Firenze nelle nuove costruzioni di Piazza d’Armi, ma l’intonazione però rimane sempre quella: anzi non c’è che l’intonazione che non mi abbia dolorosamente colpito col suo cambiamento, Non ci mancherebbe altro che mi avessero cambiato il mio Torino fino a questo segno.

Ah, Torino della mia gioventù, dove sei andato? Oggi sono stato nel collegio dove passai alcuni anni. Il collegio è sempre quello, ed ho riconosciuto il posto che occupavo a tavola, nel dormitorio, nello studio. Mi sono ricordato di tutto, anche delle persone; ma quando ho interrogato la mia guida, mi pareva di esser Renzo che torna dopo la peste. Il tale? Morto. Il tal altro? Morto. Il rettore? Morto. Il cameriere? Morto....

Sono uscito di là pieno di tristi pensieri. Quanti morti, mio Dio! A un certo punto di via Doragrossa (allora si chiamava cosí) ho guardato ad una finestra chiusa, ad una finestra che m’ha visto alzare la testa tante volte. Quanti morti! Quanti morti! E lei, dove sarà?