Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
156 | Brani di vita |
delle città più serie, la più pratica forse delle città italiane. Per accorgersene, basta dare un’occhiata all’esposizione d’arte applicata all’industria, che poteva riuscir meglio, ma che così com’è mostra abbastanza quello che io Le volevo far vedere, cioè appunto la serietà pratica di quei bravi piemontesi. Quando s’è vista l’Esposizione di pittura e quella di scoltura, per la prima volta, si rimane intontiti per la continua tensione del cervello, abbarbagliati dalla forzata fissità degli occhi; e nella testa gonfia come un pallone si confondono in un trescone vertiginoso papi dalla barba bianca, odalische senza sottana, soldati a cavallo, navi a vele spiegate, i turchini del Michetti, il bianco delle statue. Tutti quei sempiterni bimbi che fanno rassomigliare la sala di scoltura ad un asilo infantile, non arrivano a riposare il disgraziato che vuol veder tutto in una volta, e ci sono dei momenti nei quali sembra di aver nel cranio la fontana centrale che salti, che spumi, che imperversi senza posa e senza fine. Arrivati a questo parossismo di stordimento nervoso, si passa davanti alle sale dell’arte applicata all’industria, senza entrare, o al più si mette la testa dentro per scarico di coscienza e si rimanda la visita ad un altro giorno che non viene mai. Così fa la gran maggioranza dei visitatori e, come quasi tutte le maggioranze, fa malissimo.
Vedrebbe infatti che, mentre dalle altre provincie italiane, specialmente da Venezia, sono venuti alla Esposizione lavori di puro lusso, dal Piemonte sono venute per lo più opere di uso pratico. Quel diavolo