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152 | Brani di vita |
partito quando Massimo d’Azeglio appassionava i buoni torinesi co’ suoi discorsi in Senato intorno al trasporto della capitale, e in ferrovia da Torino ad Alessandria non si parlò d’altro. Ieri, appena fuori dalla stazione, mi son trovato in faccia il monumento del cavaliere sans reproche. Quanto tempo è passato! Quanti monumenti invece degli uomini!
Dopo un giro a piedi, mi sono accorto che il mio Torino d’una volta me l’hanno cambiato tutto. I nomi delle insegne che m’erano rimasti nella memoria, non ci sono più. Sapevo che in quell’angolo doveva esserci un tabaccaio e c’è una modista. I tramways hanno sostituito gli omnibus, quei curiosi omnibus monumentali, dipinti di turchino, dove salivo con tanta disinvoltura e dove oggi non potrei salire che con precauzione, poichè ho cambiato un poco anch’io e non sono più magro e svelto come una volta. Dove sono i barbieri che facevano la barba per un soldo in piazza Castello, e l’orbo dalle canzonette, e la guardia nazionale, e lei? Anche lei se n’è andata chi sa dove! Ho alzato la testa passando sotto la sua finestra (abitudine antica), e in vece sua ho visto un portapanni con un vestito completo di signora in dosso e la barbara scritta: mode e confezioni. I sette dormienti devono aver provato di queste disillusioni.
Oh, i presagi tristi per l’avvenire di Torino che si facevano al tempo del trasporto della capitale! E li facevano i torinesi stessi, che per un momento perdettero la fiducia in sè medesimi. Pare invece che il perder la capitale sia stata una fortuna. Almeno