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128 Brani di vita


Sotto al balcone c’era il prato della scuola veterinaria. Di là dal prato le case, e sopra le case facevano capolino i colli oramai vestiti di verde. Il sole d’aprile certo aveva letto male il lunario e, saltando un mese, s’era messo a splendere come agli ultimi di maggio, tanto esultava nel cielo turchino, tanto i suoi raggi scaldavano. E giù, nel prato rinverdito, le margherite novelline alzavano curiosamente la testa nelle cuffiette bianche per spiare i fiori candidi dei mandorli, i fiori carnicini de’ peschi primaticci e tutta la nuova festa delle foglie giovani, dei getti freschi, dei ramoscelli gonfi di linfa, delle gemme turgide di succhio. Le finestre delle case circostanti erano spalancate al sole, addobbate di biancheria stesa ad asciugare, sonanti di grida fanciullesche e di canti femminili. L’atmosfera limpida non sfumava i colli col solito velo di nebbia, ma lasciava distinguere le casine bianche, le siepi ed i campi verdi. Fino le campane parevano assorte in questa fulgida ora di rinascimento e rispettavano tacendo la gioia della terra e dei viventi.

Qualche volta, a dispetto dei regolamenti, un bibliotecario non è una macchina, ma un uomo. Il nostro aspirò sonoramente l’aria libera, spianò le ciglia corrugate e immerse profondamente le mani nelle tasche. L’ho a dire? Ve lo dirò, purchè non lo ripetiate al Ministro attuale. Il bibliotecario cavò di tasca una vecchia pipa, la riempì e, dopo averla accesa, puntò i gomiti sul balcone fumando saporitamente! Ma se proprio volete raccontare questa infrazione dei regolamenti al Ministro che governa