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La proprietà letteraria 121

un Questore all’altro; e dopo quindici giorni di tempo, dopo un quintale di carta sporcata e un litro d’inchiostro sparso, si arrivava a stabilire colla massima serietà che il venditore ambulante di cui nella nota a margine segnata era già partito da Viterbo. Un’altra volta fu comprato un esemplare falsificato nella bottega di un libraio. Si ricorse subito al Magistrato, il quale prese la cosa di petto e ci si mise con tanta energia che i preliminari furono finiti in una settimana e si riuscì a risparmiare una dozzina di chilogrammi di carta. Intanto però la cosa era diventata così nota ai lippi ed ai tonsori, che quando la bottega del libraio fu finalmente perquisita, si trovò che il libro meno innocente che ci fosse era il catechismo. Il Magistrato si adirò giustamente perchè gli avevano fatto scomodare un innocuo libraio. Amen: il torto era diventato nostro!

Così tutto è stato inutile e si è dovuto venire al punto di far concorrenza ai ladri vendendo la roba a un prezzo derisorio. E poichè oramai l’edizione a buon mercato è tutta smaltita, ne farò un’altra a miglior mercato ancora, con una prefazione davanti, ornata dei nomi, cognomi e connotati di tutti quegli egregi uomini che si sono degnati di scriver tante lettere d’ufficio a proposito di un reato che non poterono scoprire benchè fosse consumato e si consumi ancora sulle pubbliche piazze. Noterò come in Italia si spendono più di ottanta milioni all’anno tra il Ministero di grazia e giustizia e quello dell’interno, e che quando un autore è leso ne’ suoi interessi, come il De Amicis, trova più naturale ricorrere alla