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112 | Brani di vita |
Innalzo alla Divinità ardentissime preci perchè mi sia risparmiato il sapere quello che poi sia successo al Ministero, quante minute siano state scritte, quanti registri siano stati incomodati, quanti numeri di protocollo occupati, quanta carta, quante firme e quanto tempo sciupati in forza dell’art. 6. Mi contristerebbe il saperlo (tristis est anima mea), e del resto gl’impiegati non hanno a mangiare il pane a ufo. Intanto, dopo tre giorni e dopo aver rifatto coll’asma i sei chilometri di via e gli scaloni della Prefettura, riebbi una delle mie famose dichiarazioni in carta bollata, corredata finalmente da un certificato del deposito fatto, e me ne ritornai a Casalecchio allegro come un fringuello.
Ebbene, lo crederebbe Ella? Credat Judaeus Apella? Tornato a Casalecchio, ritrovai sul mio scrittoio un esemplare dello scellerato, dell’empio Barbagialla; e questa oscena contraffazione mi era stata spedita dalla stessa tipografia Balanzoni, con tanto (proh prudor!) con tanto di proprietà letteraria stampato sulla copertina!
La mia indignazione fu gigantesca. Non posi tempo in mezzo, rifeci la strada volando e capitai come una saetta addosso al mio avvocato. Costui, annusando una causa, mi fece un mare di complimenti, mi fece bere un bicchierino di vermutte e volle sapere per filo e per segno tutta la odissea del mio povero lunario. Gli contai tutto, gli consegnai il certificato della Prefettura, mi lasciai dire che bisognava far causa, che ero sicuro del fatto mio e che i birbanti l’avrebbero pagata. Intanto gli lasciai mandato di procura e duecento lire di deposito per le spese.