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106 | Brani di vita |
vaticinare la fine di una età e l’inizio di una nuova; tutti lo sentiamo intimamente, anche quelli che, come bimbi, si turano le orecchie per paura del tuono.
E torneremo ad una poesia dove anche l’idillio sarà ammesso, quell’idillio che si scomunica da molti col nome di Arcadia. Già il Carducci, nel Canto dell’amore, ci additava le nuove forme di una poesia della natura, di quella poesia la cui perfezione spaventa nelle Odi barbare. Quello non è l’idillio dell’Arcadia davvero, eppure chi negherà che in quei versi non si trovi una viva ed evidente rappresentazione della natura? Si grida alla poesia pagana! E che per ciò? Al postutto il mondo pagano non si corruppe se non quando abbandonò la via della libertà, di quella libertà che oggi cerchiamo. Perchè non saremo piuttosto pagani che flagellanti?
Le querce susurrano parole d’amore e le fronde si cercano, e le cime si chinano leggermente come per accarezzare le cime vicine. Cantano sempre gli uccelli e cantano d’amore. Fino le stridule cicale cantano a modo loro l’inno della vita.
Chiedetelo a questi boschi, che ve lo diranno. La legge vecchia fu legge d’odio: la nuova sarà di amore.