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Nel bosco 103

sbocciano i fiori, dove maturano i frutti e susurrano il suo nome le querce mosse dal vento e cantano le sue lodi gli uccelli nella libertà del bosco. Il nostro Dio è fuori dalle cripte buie, nei cieli azzurri, nei campi ricchi dell’oro delle messi, nel mare immenso, nella verità della giustizia, nel giubilo della bellezza. Fuori dalle chiese è la religione.

Conoscete il vecchio racconto? Al tempo di Augusto e di Tiberio, non ricordo bene, un navigatore attraversava l’Egeo e moveva verso l’Italia. Il vento era propizio e la ciurma sonnecchiava nella quiete del meriggio: solo il nocchiero vegliava. Ad un tratto una voce lo chiamò da lontano, lo chiamò chiaramente per nome; ma il mare era deserto ed il nocchiero si credette vittima di una illusione. Tre volte la voce misteriosa che aleggiava sull’onda, tre volte chiamò il navigante, che finalmente rispose. Disse allora la voce: — Va in Roma e reca la novella che il gran Pane è morto! — A queste parole seguì un tumulto di grida, uno scoppio di lamenti e di pianti, poi tutto svanì nella profondità dello spazio e nel silenzio meridiano.

Ebbene, la voce mentì. Il gran Pane vive ancora sul mare e sulla terra ed assiste al nubiloso tramonto della gran favola giudea.

Egli non ha che un’arma per vincere e trionfare: la libertà. La libertà che uccide tutte le religioni, o traendole allo scetticismo col libero esame, o resistendo alla tirannìa di dogmi irragionevoli, o reagendo contro la compressione del dispotismo canonico: questa libertà del mare e dei boschi, che