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96 Brani di vita


Sull’ultima vetta, là dove l’occhio dovrebbe dominare una immensa distesa di monti e di pianure, quel maledetto velo di nebbia si interpone come un sipario bianco tra lo spettatore e la scena. È già una sensazione curiosa questa che si prova davanti allo sterminato velo che vi toglie una veduta certamente magnifica; ma se la fortuna vi consente un quarto d’ora propizio, se un soffio di vento spazza via sotto ai vostri occhi la nebbia e vi si scopre quasi improvvisamente lo splendido e desiderato spettacolo, la sensazione esce dal novero delle ordinarie ed entra nella categoria di quelle singolari e maravigliose che gli anglo-sassoni vengono a cercare sulle nostre alpi col pericolo imminente di fiaccarsi la noce del collo.

Io che cerco ed amo la montagna, mi sono trovato parecchie volte a questa festa degli occhi e dell’intelletto, e tutte le volte m’è venuta in testa una matta idea. Anche stamane ho goduto lo spettacolo della nebbia che si leva rapidamente e scopre la pianura illuminata dal sole, ed anche stamane l’idea matta m’è ritornata in capo e c’è rimasta con tanta ostinazione che mi tocca dirvela.

Tutte le volte, dunque, per chi sa quale strana associazione di idee, penso alle sensazioni ed alle impressioni che proverebbe Marco Tullio Cicerone se agli occhi suoi si scoprisse improvvisamente il nostro mondo, se insomma ritornasse a vivere ad un tratto. È una idea stravagante, ma è fatta così.

Ve lo immaginate voi? Capisco che la sorpresa sarebbe tanto grande da far morire di nuovo il povero oratore per una apoplessia fulminante. Ma poichè