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ne pericolo li persuaderebbe a metter giù gli odii e stringersi in lega, e posto ancora che si potesse vincere, la Patria ne anderebbe da cima in fondo a soqquadro ed nell’ultimo si troverebbe esangue alla impresa della cacciata dei barbari. Il Valentino doveva confortarsi e secondo le forze promuovere, non perchè meno tristo, ma perchè più potente degli altri e più capace di appetiti grandiosi: costui sovvenuto dalle armi pontificie, non inviso alla Francia, l’orto degli arnesi papalini, sroventati, è vero, tuttavolta non anche gelidi affatto, benvoluto dai popoli, a cui pare ventura trovarsi flagellati con le funi anzichè co’ bastoni, sembrò destinato dai cieli a diventare l’undecimo Luigi d’Italia. La faccenda di Sinigaglia fu tanto lavoro fatto. La rea fortuna avendo tronco i disegni bisognò indirizzarsi a Lorenzo dei Medici ed insegnargli non già il modo di reggere magnanimo Popoli virtuosi, che questo fu dichiarato nei discorsi intorno le Deche di Tito Livio, bensì quello di affrancare la genie italica fradicia fino alle ossa dalla dominazione straniera. All’altro aveva da provvedere il tempo, e la fortuna non sempre contraria. Avrà la Patria salute quando troverà persona, che alla salute dell’anima preferirà quella della Patria. Così in iscorcio il Macchiavello ammaestra.

Io con la mente immagino Niccolò Mac-