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vano sostegno, ed erano molestia alla tirannide, perchè intenti a roderla come i formicoloni di sorbo, usurpando a benefizio proprio le prerogative di lei; di questo somministrarono esempio i parlamenti di Francia, i quali, a lasciarli fare, di giudici diventarono prefetti di palazzo e balii del re. Però taluno fra i principi ebbe i giudici in parte di gentame che avesse appigionato loro a un tanto il mese la faccia di ottone, e le mani di ferro, chè di anima non si ha parlare nemmeno; una cosa di lusso, una maniera di prezzemolo nelle polpette, mantenuta così per non parere, e più per altro per tirare le castagne dal fuoco con le zampe del Gatto. Si conoscevano, si odiavano, si disprezzavano e si ossequiavano. I giudici pronunziarono le sentenze di morte e di galera, come i musici nelle orchestre suonano con le note sul leggìo composte avanti dal maestro di cappella; e il fatto lo dimostra. Certo spagnuolo di una legnata sul capo ammazza un lanzo che gli aveva fatto ingiuria; il buon papa Sisto V comanda glielo impicchino caldo caldo; e al governatore di Roma, il quale lo avverte della necessità del processo, risponde: — or bene, via, lo processino nelle regole, io non voglio mica usare forza alla coscienza dei giudici, a patto però che lo mandino alle forche prima di mangiare ed avvisateli che stamane mi sento fame414!