il quale ebbe virtù di stupire quanti si trovavano a udirlo. Ma il Dio dei brontoloni rispose: — veramente illepido non si può dire l’uccellino, però si poteva far meglio. Allora la Natura come colei che di fatti è vaga assai più che di parole, raccolta di molta creta, diè un’altra volta alla ruota e fece l’Asino e con faccia turbata esclamò: — Or tienti questo per maestro di cappella. — Nè mentì, avvegnadio oltre alle orecchie per comprendere e ritenere i suoni piuttosto uniche che rare, mi fasciasse la gola di note basse e di soprane idonee a volare su e giù per le scale semitonate della musica stupendamente e se la invidia non mi attraversava il cammino qui come altrove, non le dame e damigelle Malibran, Sontag, Litz, e le altre infinite, ma io solo sarei stato condotto con prezzi matti a deliziare le signorili orecchie pei teatri di Londra e di Parigi e forse, chi sa a Madrid, mi avrebbero creato commendatore prima del Ronconi. Qui dove più valgo mi nocque maggiormente l’astio nemico; però al fine tristissimo di screditarmi inventarono il proverbio Asinus ad Lyram. Oh se l’Asino si fosse talentato di suonare la lira, bene altri accordi avria saputo cavarci di Anfione e di Orfeo, ma se non toccai la lira suonai il violino, come ne fa fede il ritratto che per più anni stette sul vecchio campanile della cattedrale di Roano393 ed anche il