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ingegnandosi di tirargli de’ calci nella pancia; ma alla prova si trovava corte le gambe. Pippo gli si accosta e gli dice: — fratellino, pigliansi più mosche con un cucchiaio di mele che con un bigoncio di aceto; non bistrattare l’Asino; parlagli soave, usa con lui da cristiano e l’Asino verrà. —

E Poldo arruffato: — va oltre pei fatti tuoi, che dell’Asino sono padrone io e lo vo’ picchiare quanto mi piace: magari mi trovassi una cannocchia in mano! —

Allora Pippo: — e se in lo vuoi bussare, e tu bussalo: però ti avviso che in cotesta maniera l’Asino nella pancia non giungerai. —

— Oh come non lo giungerò io? disse Poldo.

E Pippo da capo: — tenendo una gamba in terra e l’altra levata, tu non se’ spedito; alzale ad un tempo tutte e due e gli arriverai fino alle orecchie.

Poldo si prova a dare una pedata all’Asino co’ due piedi, e invece dà del sedere in terra per modo ch’ebbe a rompere un lastrone. Pippo ridendo vassi con Dio e Bobi dietro che, svoltato il canto, così gli favellò:

— Pippo, io non l’ho intesa cotesta: chiariscimi. —

Pippo rispose: — ella è lampante come l’ambra; quando incontri un padrone bestiale, che avendo a caso per le mani un Asino lo